
DIETRO LE QUINTE
Nato a Bocchigliero (CS), classe 1949, il Dott. Giulio Scigliano consegue la Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1975 presso l’Università di Milano, a cui segue una specializzazione in Neurologia presso l’Università di Pavia.
Inizia il proprio percorso di tirocinio – successivamente con borse di studio – presso l’Istituto Neurologico Carlo Besta, Milano, sotto la guida del suo maestro, il Prof. Tommaso Caraceni, e qui svolge la sua attività per circa trent’anni, dal 1978 al 2006.
Nella sua carriera, fa convivere momento clinico a diretto contatto con il paziente e ricerca scientifica.
Principale area d’interesse è quella delle malattie neurodegenerative, quali Morbo di Parkinson e disturbi del movimento, Malattia di Alzheimer, Corea di Huntington, muovendo dai loro aspetti neuroendocrinologici, epidemiologici e farmacologici.
Amplia poi la sua ricerca concentrandosi sul rapporto tra sistema neurovegetativo, attività cardiovascolare e assetto metabolico (scegliendo come modelli di studio antitetici il Morbo di Parkinson – dove il sistema neurovegetativo è ipofunzionante in quanto danneggiato – e la schizofrenia – caratterizzata invece da iperattività dello stesso sistema).
Questa ricerca, in particolare, gli consente di proporre un approccio nuovo, dapprima inesplorato. Il risultato è la comprensione (e la possibile soluzione) di importanti effetti collaterali dei farmaci antipsicotici, normalmente utilizzati nel trattamento della schizofrenia*.
Dal 2005 al 2007 collabora inoltre allo Studio Rischio e Prevenzione condotto su tutto il territorio Nazionale dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri.
Da tempo studia le possibilità di impiego delle proprietà antiossidanti del Blu di Metilene (MB) nelle malattie neurodegenerative.
Questa proposta parte dal corpus di ricerche che ne dimostra l’efficacia nella malattia d’Alzheimer nel far regredire le placche senili e gli ammassi neurofibrillari cerebrali (ovvero i depositi di proteine anomale, tipiche di questa malattia, e implicati nella sua genesi).
Da qui, l’intuizione di estenderne l’uso alla sfida lanciata dal Covid-19, partendo da una semplice premessa: l’analogia sussistente tra lo stato infiammatorio delle malattie neurodegenrative (di bassa intensità, ma cronico, sostenuto dai radicali liberi), e quello analogo ma intenso del Coronavirus (anch’esso sorretto dai radicali liberi).
Pubblica i risultati delle sue ricerche su alcune delle più prestigiose testate internazionali ed è attivamente presente sul database ORCID, che raccoglie e mette in dialogo i risultati delle ricerche della comunità scientifica.
ORCID: Dott. Giulio Scigliano
Tra le pubblicazioni, si segnala in particolare (articolo e referee, sotto):
Scigliano G., Ronchetti G., Antipsychotic-Induced Metabolic and Cardiovascular Side Effects in Schizophrenia: A Novel Mechanistic Hypothesis, CNS Drugs (2013) 27:249–257. DOI 10.1007/s40263-013-0054-1*
Referee: 1
Un articolo importante e ben scritto. Mi è piaciuto leggerlo. Inoltre, gli autori presentano una plausibile spiegazione meccanicistica riguardo le patologie metaboliche che insorgono dai disordini fisiologici connaturati alla schizofrenia, per poi elaborare un’ipotesi che spieghi come gli antipsicotici peggiorino queste disfunzioni.
Contiene inoltre una tesi teorica, secondo la quale i farmaci a base di dopamina che restano nella circolazione periferica senza raggiungere il cervello possono risultare utili nell’alleviare queste difficoltà metaboliche. Punto più debole della ricerca, ritengo, sia la necessità di un riconoscimento delle difficoltà scaturenti da questa ipotesi e un tentativo di darne spiegazione. Forse queste difficoltà sono difficilmente conciliabili, e visto che è raro che teorie pioneristiche siano prive di punti incompiuti, occorrerà concedere qualche margine in tal senso…
Referee: 2
Un interessante editoriale sul meccanismo attraverso il quale gli antipsicotici potrebbe condurre a una sindrome metabolica e ulteriori effetti collaterali.
Referee: 3
Un articolo di grande importanza. Produce un’ipotesi lucida cui fa seguire una proposta di trattamento terapeutico: le disfunzioni metaboliche indotte dall’uso di farmaci antipsicotici potrebbero essere legate al blocco periferico dei ricettori D2 della dopamina; da cui la soluzione di un trattamento tramite basso dosaggio di levodopa.
Per noi, che lavoriamo in questo campo, avere una prospettiva nuova e comprovata, è un’idea che accogliamo a braccia aperte. Quindi, questo articolo è assai degno di pubblicazione.
Ho alcuni commenti che ritengo andrebbero presi in considerazione. Essendo coinvolto in questo campo, corro il rischio d’essere influenzato, ma spero che con l’aiuto e la supervisione dell’editore e degli altri Referee, questo apporto diventi fruibile per chi lavora nell’area, per gli autori, per il giornale e per i lettori.
La mia principale preoccupazione è che gli autori sembrerebbero prendere frammenti di risultati in diversi campi della medicina, finendo col proporre un’ipotesi che, sebbene plausibile, abbia scarso apporto empirico diretto. Nulla di sbagliato in questo! In fondo, su ciò si fonda la vera scienza! […]
Murat Oz, et al., Methylene blue and Alzheimer’s disease. Biochem Pharmacol, 2009 Oct 15; 78(8): 927-32.