UNA NUOVA PROSPETTIVA SULLA TERAPIA COVID-19

Cosa non ha funzionato fino ad oggi. Il problema non è il contagio ma la possibile reazione iperinfiammatoria: come può essere affrontata.

di Giulio Scigliano e Giuseppe Augusto Scigliano

Tutte le affermazioni presenti in questo testo sono supportate da riferimenti bibliografici.

Come evolve la malattia

Covid-19 è una malattia innocua o quasi nella maggior parte dei casi, ma a volte devastante e letale.

Alcuni giorni dopo il contagio si manifesta con sintomi a carico dell’apparato respiratorio (tosse secca, mal di gola, febbre) o dell’apparato gastrointestinale (nausea, vomito, diarrea). Generalmente questi sintomi regrediscono più o meno rapidamente, con alcuni pazienti che perdono l’olfatto ed il gusto, segno di aggressione dei nervi e bulbi olfattori da parte del virus. Alcuni pazienti sviluppano una polmonite interstiziale bilaterale che si trascina per diverse settimane per poi evolvere a guarigione con postumi permanenti più o meno gravi, ma in alcuni di questi le condizioni cliniche peggiorano rapidamente in modo drammatico, già in sesta-settima giornata, con la comparsa di insufficienza respiratoria (ARDS, sindrome da distress respiratorio acuto) e danno multi-organo, vale a dire danno cardiaco, epatico, renale, e cerebrale.

È singolare il fatto che questo precipitare degli eventi si verifichi quando la carica virale (la concentrazione del virus in corpo) è già diminuita considerevolmente. Come è possibile che man mano che il virus tende a scomparire i sintomi peggiorino anziché migliorare? Evidentemente sono entrati in gioco altri fattori, ed il ruolo del virus sta passando in secondo piano: si tratta di una reazione infiammatoria violenta, non proporzionata alla finalità di eliminazione del virus, sostenuta da quella che gli esperti in materia chiamano “tempesta citochinica”. Le citochine sono una famiglia numerosa di molecole che regolano l’omeostasi (equilibrio) dell’organismo, ed intervengono quando qualunque fattore esterno (virus inclusi) o interno vada a perturbare questo equilibrio. L’aumento incontrollato delle citochine pro-infiammatorie, non più bilanciato dalle citochine antinfiammatorie, può causare danno agli organi. Il tessuto più duramente colpito da questa tempesta citochinica, oltre alle cellule degli alveoli polmonari, è l’endotelio vascolare, cioè il sottile strato di cellule che riveste la parete interna dei vasi. Quando l’endotelio è danneggiato si sviluppano coaguli che hanno una finalità riparativa, ma che spesso occludono il vaso (trombosi).  Il risultato è che al danno diretto provocato dal virus e dalle citochine si somma il danno ischemico provocato dai trombi a livello cardiaco, cerebrale, ecc.

Figura: evoluzione della malattia. La gravità di malattia aumenta all’aumentare dell’infiammazione ed al diminuire della carica virale

Strategie terapeutiche attuali

La terapia del Covid-19 ha utilizzato le esperienze acquisite durante l’epidemia di SARS iniziata nel 2002 in Cina e terminata due anni dopo, anch’essa provocata da un coronavirus. Vengono utilizzati farmaci antivirali e siero iperimmune, diretti a neutralizzare il virus, e farmaci diretti a contrastare la reazione infiammatoria come i cortisonici ed i farmaci anticitochine. Questi ultimi inibiscono l’azione delle citochine proinfiammatorie e differiscono tra loro a seconda del tipo di citochina su cui agiscono. Vengono anche utilizzati farmaci anticoagulanti per limitare il danno tromboembolico (aumentando però il rischio di danno emorragico). A giudicare dal numero di decessi, o dei guariti con gravi danni residui di cui pochi parlano, questo approccio terapeutico non ha però fornito i risultati sperati. Esiste inoltre il problema non secondario dei costi elevati che impedisce l’impiego di questi farmaci su vasta scala, e quello dei frequenti ed a volte gravi effetti collaterali.

 

Cosa non funziona

Data la complessa dinamica di eventi descritta sopra, la terapia idonea nella prima fase di malattia (fase virale) non lo è più nella successiva fase infiammatoria. Gli antivirali (Remdesivir, costo 2.076 € per 5 giorni di terapia), ammesso che funzionino, possono funzionare solo nelle prime fasi di malattia, quando la carica virale è elevata ed il paziente sta ancora relativamente bene perché non è ancora iniziata la fase infiammatoria; essi vengono invece somministrati a pazienti ospedalizzati, cioè già gravi, ed è troppo tardi. La scarsa efficacia degli altrettanto costosi farmaci anti-citochine (Anakinra, Tocilizumab, ecc) trova una facile spiegazione nel fatto che questi agiscono su una sola citochina, mentre esistono almeno 50 citochine differenti delle quali non si conoscono con esattezza le singole funzioni. Esistono inoltre altre molecole responsabili della reazione infiammatoria, altrettanto importanti delle citochine, che nessuno ha mai preso in considerazione. Di conseguenza le terapie attuali sono solo parziali, e quindi anche i risultati sono parziali.

 

Ruolo dei radicali liberi dell’ossigeno (ROS) e dell’azoto (RNS)

Abbiamo letto centinaia di articoli scientifici sul Covid 19, ma non abbiamo mai incontrato la parola “RADICALE LIBERO”. Eppure, il loro ruolo fondamentale nel capitolo “INFIAMMAZIONE” è stato ampiamente descritto e dimostrato, tanto è vero che inserendo in Google le parole chiave “free radicals and inflammation” compaiono circa 30 milioni di risultati. Se quello che uccide il paziente-Covid è la reazione infiammatoria, e questa è innescata dai radicali liberi, non si può non prenderli in considerazione. Essi sono stati banalizzati dal mercato degli inutili integratori alimentari e cosmetici, ma sono di estrema importanza per la regolazione di molti processi fisiologici e patologici. I radicali liberi sono molecole chimicamente instabili che tendono a sottrarre elettroni a tutto ciò con cui vengono in contatto, e nel caso delle cellule corporee possono provocare, se prodotti in eccesso, rapidi e gravi danni alla parete cellulare ed al suo DNA. Inoltre, i ROS regolano, con una azione di segnale, la produzione di citochine infiammatorie. Il danno cellulare provocato da un eccesso di radicali liberi precede e si somma al danno citochinico. Bloccando la produzione di radicali liberi è forse possibile disinnescare questo catastrofico processo distruttivo.

 

Conseguenze terapeutiche

A nostra conoscenza, ma accettiamo volentieri il contraddittorio, esiste una sola sostanza capace di inibire efficacemente la produzione di radicali liberi e l’innesco della tempesta citochinica. Si tratta del blu di metilene, un vecchio farmaco utilizzato per il trattamento della malaria, per le infezioni delle vie urinarie, e per il trattamento della metaemoglobinemia. Viene inoltre utilizzato come antidoto in alcuni tipi di avvelenamento. Entrando nel discorso tecnico, esso è in grado di bloccare alla fonte la produzione di tutte e tre le categorie di sostanze responsabili della reazione iperinfiammatoria:

  1. Blocco della produzione dell’anione superossido (progenitore dei radicali liberi dell’ossigeno).

Vedi: Salaris SC, et al. Methylene blue as an inhibitor of superoxide generation by xanthine oxidase. A potential new drug for the attenuation of ischemia/reperfusion injury. Biochem Pharmacol 1991 Jul 15;42(3):499-506.

  1. Blocco della produzione di ossido nitrico (progenitore dei radicali liberi dell’azoto).

Vedi: Mayer B, et al. Inhibition of nitric oxide synthesis by methylene blue. Biochem Pharmacol 1993 Jan 26;45(2):367-74.

  1. Blocco della produzione delle citochine.

Vedi: Denny JT, et al. Methylene blue treatment for cytokine release syndrome-associated vasoplegia following a renal transplant with rATG infusion: A case report and literature review. Exp Ther Med 2015 May;9(5):1915-1920.

Recenti studi in provetta hanno inoltre dimostrato che il blu di metilene ha una potente azione antivirale, rendendolo idoneo a contrastare sia la fase virale che quella infiammatoria della malattia.

Vedi: Mathieu Gendrot, et al. Methylene blue inhibits replication of SARS-CoV-2 in vitro. Int J Antimicrob Agents. 2020 Oct 16;106202. doi: 10.1016/j.ijantimi- cag.2020.106202. Online ahead of print.

Esso è ben tollerato, e provoca come unico effetto collaterale la reversibile colorazione bluastra delle urine. Presenta pochissime controindicazioni: è controindicato nei soggetti affetti da favismo, ed è controindicata la contemporanea assunzione di farmaci antidepressivi appartenenti alla famiglia degli SSRI. Somministrato in vena è stato sperimentato con successo nello shock settico, che ha molte analogie con la sindrome da distress respiratorio e disfunzione multi-organo del Covid-19, e può quindi essere utilizzato per infusione venosa nei pazienti-Covid in terapia intensiva. Se assunto per bocca ai primi sintomi di Covid-19, oltre all’azione antivirale, è probabilmente in grado di prevenire la reazione infiammatoria e ridurre questa malattia al rango di semplice influenza. Il prodotto va preparato dal farmacista, ed il costo di un ciclo di terapia con blu di metilene è di circa 8 € per ogni paziente; potrebbe dimezzarsi se venisse preparato su vasta scala. Considerato l’enorme giro di denaro che è stato messo in moto dalla pandemia e gli enormi interessi in gioco, questa proposta terapeutica dal costo irrisorio difficilmente verrà presa in considerazione, anche se il razionale a supporto del suo utilizzo è molto più robusto rispetto a quello che ha indotto gli orientamenti terapeutici attuali.

 

Come comportarsi

Attualmente il paziente positivo al tampone, asintomatico o con pochi sintomi, viene posto in isolamento in attesa di un eventuale peggioramento. In questa fase (fase virale) non viene somministrata alcuna terapia, eccetto il paracetamolo per la febbre ed antibiotici che tutti sanno non essere attivi sui virus, e ci si affida alla benevolenza del destino. Quando compare la polmonite e l’insufficienza respiratoria (fase infiammatoria) la battaglia è già persa: il paziente viene ricoverato e trattato con antivirali (se ce ne sono, e comunque ormai poco utili perché tardivi), ossigeno (spesso dannoso, ma oggi è stato compreso meglio come utilizzarlo), cortisone ed anticoagulanti: è un rincorrere una situazione che sta precipitando e di cui si è perso il controllo. Il blu di metilene va assunto ai primi sintomi di malattia. La sua azione antisettica contrasta la replicazione la diffusione del virus in tutto il corpo. L’azione inibitoria sulla produzione di citochine e radicali liberi previene la letale reazione iper-infiammatoria. Poiché i sintomi di esordio del Covid-19 sono indistinguibili da quelli di una forma influenzale, rendendo impossibile una diagnosi differenziale fino a che non si ha l’esito di un tampone nasofaringeo, il trattamento va iniziato in ogni caso, se si tratta di influenza va bene ugualmente e non si fanno danni. Può essere associato alle terapie convenzionali. Il dosaggio è di 2 mg per ogni Kg di peso corporeo al dì, suddivisi in 3 somministrazioni.

Questi sono i presupposti teorici, difficilmente contestabili. Manca la riprova della sperimentazione sul campo. La nostra è una proposta terapeutica rivolta a chi combatte in prima linea, ovvero ai medici curanti. È a questo stadio che si può vincere la guerra, l’arrivo del paziente in terapia intensiva segna la sconfitta. Per un’epidemia di queste dimensioni i posti letto negli ospedali non saranno mai sufficienti, la malattia va curata al suo esordio dai medici di famiglia che attualmente non hanno armi. Non abbiamo la certezza che il blu di metilene funzioni, anche se i presupposti teorici ci sono tutti, ma dal momento che è privo di effetti collaterali non abbiamo nulla da perdere ad utilizzarlo. È auspicabile che il Ministero della salute avvii uno studio clinico su vasta scala per verificare quello che, sulla carta, appare come il trattamento più efficace per combattere il Covid-19. La soluzione definitiva del problema dovrebbe arrivare col vaccino. Tra i molti vaccini in studio sembra molto promettente quello messo a punto dalle aziende Pfizer e Biontech, anche se presenta alcune criticità per la conservazione e distribuzione. Probabilmente queste difficoltà verranno superate, Pfizer e Biontech sono due grandi aziende, ed altri vaccini potrebbero arrivare sul mercato. La disponibilità per tutti però non è vicina, passeranno ancora molti mesi prima di avere un vaccino sicuro ed efficace, e l’emergenza è adesso.